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Titolo: Può Chamberlain salvare l’inghilterra? UN LIBRO CHE FA SCALPORE A LONDRA

Autore: Mario Pettinati

Data: 1938-11-16

Identificatore: 1937-38_56

Testo: UN LIBRO CHE FA SCALPORE A LONDRA
"Può Chamberlain
salvare l'Inghilterra?"
Il brusco risveglio dopo Monaco - Fine dell’illusione di una Gran Bretagna invincibile - La delittuosa cecità e gli imperdonabili errori di Eden - Quale può essere la via della salvezza
Londra, novembre
« Qualunque sia il punto di vista del quale si vogliano considerare gli avvenimenti dello scorso settembre, quando l’energia e il coraggio di Neville Chamberlain hanno strappato l’Europa dall’orlo di una guerra di distruzione, un fatto è fuori discussione e cioè che la Germania — come Hitler ha detto al Premier britannico era pronta ad affrontare una guerra mondiale e la Gran Bretagna non lo era ».
«Mentre noi dormivamo... »
Con questa franca confessione uno dei più realisti e dei più combattivi pubblicisti inglesi, Collin Brooks, inizia un libro che — uscito appena da pochi giorni — sta già facendo qui gran chiasso poiché — prendendo la mossa dagli accordi di Monaco — affronta coraggiosamente l’opinione pubblica inglese per chiederle senza sottintesi: « E ora che cosa volete fare? Persistere negli errori del passato e avviarvi senza via di scampo alla guerra di distruzione o aprire gli occhi e seguire Chamberlain nella sua via di pacificazione anche a costo di riformare radicalmente i vostri metodi di Governo e di modificare da capo a fondo il vostro tenore di vita? Corsa alla morte o corsa al sacrificio? Corsa alle aberrazioni di un sistema parlamentare che ha fatto i suoi tempi, di un « edenismo » che ha rovinato il prestigio e l’autorità britannica nel mondo e che vi condurrà al disastro, o corsa verso una comprensione realistica della nuova Europa e un saggio compromesso con i dittatori e le loro concezioni politiche? ».
Collin Brooks — in questo libro audace contro il quale già si sono scagliate tutte le forze dell’opposizione accusandolo di disfattismo, di tradimento e di servilità alle dittature — prende il coraggio a due mani e dimostra con fatti e con cifre che Monaco rappresenta per l’Europa non già una semplice parentesi nella sua storia, ma una svolta decisiva dalla quale l’Inghilterra e il suo Impero potranno avviarsi verso la distruzione o la rinascita a seconda dello sviluppo che le si vorrà dare e dello sforzo con il quale il Paese appoggerà o meno l’opera iniziata da Chamberlain.
È inutile illudersi — scrive presso a poco il Brooks —, a Monaco noi abbiamo trovato due uomini pronti ed agguerriti quali non ce lo attendevamo: a Monaco l’Inghilterra è stata per la prima volta costretta ad aprire gli occhi ed a riconoscere guanto siano mutate le condizioni di oggi da quelle di mezzo secolo fa, quando non esistevano le immense sorgenti di forza, di controllo economico, di produzione autarchica, di arginatura finanziaria che gli Stati totalitari hanno creato, mentre noi dormivamo, mentre noi c’illudevamo e ci addormentavamo nel sogno di una Gran Bretagna invincibile, eternamente ben difesa, miracolosamente destinata a risvegliarsi sempre all’ultim’ora per guadagnare l’ultima battaglia e imporre la propria egemonia nel mondo. A Monaco noi abbiamo trovato per la prima volta che non soltanto i dittatori sono divenuti colossi di forza, ma che hanno potuto — con questa forza — imporci ciò che noi abbiamo negato loro con le norme ordinarie di giustizia e di mostrarci — con le loro minaccie basate sui fatti — quanto mutata sia la posizione della Gran Bretagna da quei tempi felici nei quali i suoi vantaggi geografici e quelli delle sue miniere la rendevano padrona del mondo.
La piaga profonda
Ma la piaga è — secondo il Brooks — anche più profonda, ed è principalmente piaga politica e parlamentare oltre che economica e finanziaria. Non si tratta soltanto di commercio che diminuisce e di sicurezza insulare che si affievolisce dietro i colpi sistematici, vigorosi, ben diretti dei dittatori, ma è l’intiero sistema parlamentare britannico quello che — a Monaco — ha dimostrato più di ogni altro la sua completa inefficienza, la sua debolezza, i suoi pericoli e che spinge lo scrittore a rivolgere a se stesso e ai suoi compatrioti l’angosciosa domanda: « Potrà Chamberlain salvare ancora l’Inghilterra? ».
« Può un Primo Ministro — chiede il Brooks — con il nostro sistema parlamentare attuale esercitare una forza sufficiente ad organizzare il paese in modo da poter far fronte ai suoi potenti rivali, altamente organizzati e allenati ai più grandi sacrifici? Possiamo correre il rischio d’insistere in un sistema parlamentare che ci ha condotti all'orlo di una guerra di distruzione, e che costituisce un così grave ostacolo per il paese? Potremo — con il nostro annoso parlamentarismo, diventato ormai uno strumento perverso e pericoloso di governo — sperare di sopravvivere, mentre più forti e più vigorose che mai si scatenano nel mondo le forze degli Stati totalitari? Potrà la vecchia macchina parlamentare, che ci servì a meraviglia fino a quando cominciò il processo della nostra « democratizzazione», servirci ugualmente ora, dopo che con le sue falsità demagogiche essa ha condotto il paese a quel trionfo dell’ipocrisia e a quella persecuzione suicida che hanno fatto sì che la Gran Bretagna — la più imperialista di tutte le Nazioni — si è trovata disarmata a fianco di una Francia semi-disarmata e di una sanguinosa tirannia russa di fronte a tre Nazioni perfettamente annate come il Giappone, la Germania e l’Italia, nelle quali stanno prendendo vita nuove aspirazioni imperialiste? ».
No, questa posizione non può continuare — secondo il Brooks — ed è contro questo pericoloso « edenismo», contro questo acciecato e Irresponsabile odio per le dittature che egli ammonisce gli inglesi affinchè si risveglino dal letargo e diano — con il loro appoggio incondizionato — il modo a Chamberlain di togliere il paese dal terribile groviglio nel quale l’ha posto la politica di Eden e dei suoi falsi turibolari.
La tragedia dell’« edenismo »
Il tre capitoli del libro — la « tragedia dell’edenismo », la « follìa delle sanzioni » e l'« incidente Hoare-Laval » — meriterebbero — loro soli — di essere riprodotti per intiero. Eden che corre l’Europa dietro la chimera « democratica », nascondendo al mondo e al paese la verità dell’ingiustizia nella quale si dibattono Italia e Germania, che si oppone cocciutamente — senza nemmeno cercar di comprenderla — alla politica di Mussolini e di Hitler, pur sapendo che nè il paese nè la Lega sarebbero stati forti abbastanza per combatterla, che si rifiuta ad ascoltare e meno ancora a discutere le lagnanze dei dittatori, che si scaglia contro Roma nella campagna abissina, che cerca di corrompere a Ginevra le impaurite Nazioni della Lega, che fomenta — pur conoscendo la sua debolezza — la campagna delle sanzioni, che forza Hoare a dimettersi quando a sua volta si rifiuta d’appoggiare la Francia sul Reno, che si ammanta di moscofilia e s’imbeve di odio contro i dittatori proprio quando questi, con la loro ferma attitudine contro il bolscevismo, offrono all’Impero britannico l’appoggio più sicuro contro la sua distruzione, che ignora — o finge di ignorare — il significato della guerra spagnola e si rifiuta di appoggiare i nazionalisti, mascherandosi dietro la scusa di un Governo parlamentare democratico, fanno argomento di pagine che — perchè scritte da un inglese che ama il suo paese e ne comprende gli errori — ci dànno l’innegabile soddisfazione di vedere che la verità si fa strada anche qui e che il seme di Monaco, se sostenuto da uomini di tal fatta, non cadrà sopra un terreno del tutto infecondo Ma andiamo piano. Anche il Brooks non s’illude. Il suo realismo lo porta ad affermare che il cammino è, per Chamberlain, ancora estremamente difficile e pericoloso. Riarmarsi sta bene, ma in primo luogo, il riarmo vuol dire sacrifìci enormi e, se il pericolo del riarmo è prolungato, vuol dire morte economica completa; in secondo luogo non è con le armi, ma con una più giusta visione dei bisogni delle nazioni totalitarie che gli errori possono esser riparati e la pace assicurata. Senza la cooperazione con i dittatori non vi può esser speranza di vita per l'Inghilterra e il suo Impero. Perciò occorre, prima di ogni altra cosa, far macchina indietro: modificare il sistema parlamentare.
Quel che occorre
La conferenza di Monaco ha dimostrato alla nazione britannica — egli scrive — che in tempi di crisi acuta l’azione muove dalle mani di molti nelle mani di uno solo. Occorre che la nazione si renda conto che per una generazione almeno vi saranno intieri periodi di crisi, cosicché l’affidare il potere esecutivo nelle mani di un sol uomo — il Primo Ministro — non dovrebbe tardare ». Un Chamberlain semi-dittatore, insomma, nelle cui mani si accentra la responsabilità di salvare il paese e di ridargli quel prestigio e quell’autorità che ha perduto nel mondo, appare per la prima volta indispensabile agli occhi britannici. Sono gli Stati totalitari quelli che si son posti ormai alla testa del mondo — lascia comprendere l’autore anche senza ammetterlo con queste precise parole — e quindi è sul loro modello che l’Inghilterra dovrà evolvere la propria istituzione se non vuole, cristallizzandosi nel passato, rassegnarsi ad indebolirsi sempre più e perire.
Esclusione della demagogia parlamentare, concentrazione del potere nelle mani di un piccolo comitato ministeriale presieduto dal Premier, aumento delle ore di lavoro, rinunzia a molte delle cosidette « libertà » democratiche, sacrifici finanziari e « disciplina totalitaria »: ecco ciò che la nazione deve accettare se, finché è ancora in tempo, Chamberlain dovrà salvarla.
« Non si tratta di burro o cannoni — conclude il Brooks — nè di libertà o di disciplina, ma di rispondere alla domanda se 47 milioni d’inglesi sian pronti a sottoporsi al sacrificio delle loro libertà e del loro benessere individuale per conservare la libertà collettiva dello Stato e la prosperità nazionale o se preferiscano mantenere un sistema parlamentare decadente e inefficace e un tenore di vita contrario ad ogni principio d’economia nazionale sapendo che così il paese si avvierà certamente verso il disastro militare e la sconfitta ».
Libro disfattista, ha detto qualche critico; libro realista, una porzione d’olio di ricino necessaria, ha scritto qualche altro. Possiamo dire che questo libro móstra come — fra tanta confusione e cecità politica — si stia facendo strada, sulle rive del Tamigi, un raggio di verità che solo sei mesi or sono sarebbe apparso impossibile.
Mario Pettinati

File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 16.11.38

Citazione: Mario Pettinati, “Può Chamberlain salvare l’inghilterra? UN LIBRO CHE FA SCALPORE A LONDRA,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 21 novembre 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/2375.