Trilussa (dettagli)
Titolo: Trilussa
Autore: Non firmato (Lorenzo Gigli)
Data: 1931-12-16
Identificatore: 238
Testo:
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Trilussa
Trilussa dà oggi un addio al passata romantico e bohème ed entra in un cenacolo di classici. Veramente? S’è fatto frate il lupo della favola? O non è codesta una ripresa del vecchio motivo lirico
vent’anni fa m’ammascherai pur’io?
Intendiamoci: nulla di solenne, niente di meno accademico; Trilussa entra a far parte del corpus formigginiano dei « Classici del ridere » con una antologia poetica intitolala Campionario, insieme con la quale si pubblica, dal medesimo editore, un volume di aneddoti trilussia ni, intitolato Pulviscolo, che raccoglie, accanto a spunti umoristici e polemici noti, anche molte pagine poco note o addirittura inedite del popolare poeta romano. Insomma, due volumi che permettono di ricostruire, in tutti i suoi aspetti, la figura artistica e morale di Trilussa, sulla breccia da oltre un quarto di secolo a battersi contro le menzogne e le ipocrisie della vita, e che consegnano alla storia letteraria la sua opera poetica: pensate che nella medesima collezione sono usciti poco tempo fa due volumi di poesie del Belli, il padre della poesia satirica romanesca; il Belli è un battistrada che non ammette dietro di sè schiere mediocri o imbelli. L'averlo fatto seguire a ruota da Trilussa i un ardimento editoriale che vale una conclusione critica. Campionario e Pulviscolo, dunque Trilussa poeta a uomo; nè l'uno si può separare dall'altro, nè si immaginerebbe un Trilussa estraneo alla sua veste, ormai ufficiale, di commentatore e critico della vita d'ogni giorno colta ne’ suoi aspetti e simboli essenziali, ne’ suoi tipi riassuntivi e responsabili. La vera personalità di Trilussa balza da codesti saggi della sua arte e del suo umorismo senza possibilità d'equivoci: del resto, già da un decennio la critica ha fatto giustizia, anche nei confronti di Trilussa, di alcune di quelle formole superfìciali con cui la media opinione risolve i casi letterari più interessanti, riducendoli a minimi comuni denominatori che per un pezzo evitano ogni altra fatica di analisi e di sintesi. In verità non ci voleva molto ad accorgersi che Trilussa, la cui vena poetica ha zampillato nel clima dell'Italia fine di secolo, quella, che i glossatori della cronaca politica usano chiamare l'Italia umbertina, porta sotto la sua famosa « maschera » un volto diverso, una fisionomia di buon ragazzo romantico che coltiva in sordina il flore del sentimento e offre alla platea le smorfie esteriori del suo disgusto di fronte alle bassezze e miserie dell'esistenza. Trilussa è e resta un figlio del suo tempo; e le sue favole e i suoi sonetti sono maturati nella stessa atmosfera che vide nascere le liriche di Corazzini e le poesie provinciali del gruppo crepuscolare. Codesti poeti si raccoglievano in una specie di mistica rassegnazione offrendosi inermi ai colpi dei destino e compiacendosi della loro letteraria fragilità; in Trilussa invece la reazione assume caratteri decisi, e il poeta, soffocando la sua malinconia e tenerezza, si sfoga a prendere in giro il prossimo e a stendere sul mondo pennellate di ironia e di pessimismo per far le vendette dell'ideale offeso. Alla maschera d’allora, Trilussa non ha mai rinunciato e ogni tanto lo ricorda ai frettolosi:
E ancora tengo er grugno de cartona che servi p'annisconne quello mio...
E quando scende tra la gente, pur senza relegare nel serraglio le bestie delle sue allegorie antiche, vi scende con lutto il suo armamentario ironico-romantico, ma con una sensibilità più meditata e raffinata. Ricorrono certi temi nostalgici ed accorati che ti spezzano a mezzo la risata, carichi coma sono di commozione. Il poeta, lui, sorride appena, quel tanto che consenta la pietà. Pietà di noi tutti, quanti siamo sulla terra; e anche pietà di se stesso, uomo tra gli uomini.
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Collezione: Diorama 16.12.31
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Citazione: Non firmato (Lorenzo Gigli), “Trilussa,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 21 novembre 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/238.