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Titolo: Lettere inedite

Autore: Lorenzo Gigli

Data: 1938-12-21

Identificatore: 1937-38_86

Testo: Lettere inedite
L’anno XVII è un anno di centenari clamorosi: Leonardo, Campanella; poi la ricorrenza di quella prima riunione degli scienziati italiani tenutasi a Pisa nell’ottobre del 1839, e basta considerare la carta politica dell’Italia di allora per intendere come la riunione pisana debba essere ricordata non solo nella storia della cultura e della scienza del nostro paese ma altresì nella storia politica (l’Austria se ne rese conto così bene che negò quanti passaporti poteva, e gli altri Stati della penisola non mostrarono viso meno arcigno a tal «festa dell’italiano incivilimento », come ebbe a dire il presidente nel discorso inaugurale). Poi ricorderemo che nel 1839 nacquero Emilio Praga, Luigi Capuana e Bernardino Zendrini, tre nomi che corrispondono a tre periodi distinti e a tre scuole: si veda ciò che se ne dice, ristabilendone i rispettivi ruolini, nelle pagine dell'Almanacco Letterario Bompiani pronto in questa settimana di Natale a spiccare il suo volo felice d’ogni anno.
Stavolta l’Almanacco presenta qualche innovazione di tono e di stile, si tiene più aderente alle esigenze della informazione letteraria e del movimento culturale, e indulge meno alla curiosità generica e alla bizzarria. Ciò non significa che sia un repertorio musone di nomi e di date nè un mattone serio e dignitoso e neppure una vetrina antologica. I compilatori gli hanno lasciato il carattere chiaro e cordiale col quale è nato e che continua da molti anni col proposito di interessare vaste correnti di pubblico al fatto letterario. Motivo per cui vi incontriamo i consueti panorami italiani e mondiali, le solite rubriche e calendari, accanto a trattazioni chiare, succinte e spigliate di problemi e dibattiti quali i rapporti razza-civiltà, il contributo della letteratura alla grande guerra e le decisioni intemazionali dell’Anno XVI.
Ma sfogliandone le illustratissime pagine troverete anche una serie di apporti pratici e dilettevoli, per esempio un dizionarietto dei poeti italiani; un quadro dei premi dell’Anno XVI dal quale si apprende che ben 42 sono i nominativi distinti, e tra essi due editori, Vallecchi e Bompiani, onorati in Lettonia per le loro meritorie fatiche a vantaggio della letteratura e dell’editoria del nostro Paese. Poi l’Almanacco vi dirà quali sono i libri che hanno avuto maggior successo di critica e maggior successo di vendita durante l’annata; e vedrete che non sempre le due posizioni concordano, che non sono condizionate l’una all’altra, ciò che del resto non ha bisogno d’essere dimostrato.
«Abbiamo abbandonato le storielle e i divertimenti — informano i compilatori dell’Almanacco —. È tempo di dati, di fatti, di appelli e di rassegne »: ed eccone subito una, e d’un genere nuovo e attraentissimo per vari ordini di ragioni. Si tratta di un « epistolario del nostro tempo», cioè di lettere e frammenti di lettere inedite tratte dagli archivi personali degli scrittori e degli artisti italiani; la cui pubblicazione formerà (l’epistolario sarà continuato negli anni seguenti) un ingente materiale documentario utile sotto tanti aspetti per chiunque si interessi della molteplice vita della propria epoca. Questa prima serie presenta lettere di vivi e di morti, disposte in ordine cronologico a cominciare dal principio del secolo. Aprono la rassegna due letterine di Antonio Di Rudinì a un amico. Poi Giosuè Carducci ringrazia Francesco Pastonchi per l’invio dei sonetti di Belfonte (1901), e Antonio Fogazzaro si rivolge ad un critico del Piccolo mondo moderno lodandolo d’avere inteso « essere voluta la rappresentazione di quelle meschinità morali » e ironico il moderno del titolo (L’Almanacco non lo dice; ma il critico in questione è Onorato Fava, e lo sappiamo da una nota che Piero Nardi ha apposto al romanzo nell’edizione completa delle opere fogazzariane).
1905: A. De Mohr annuncia la liquidazione della Libreria Editrice Nazionale e la costituzione della Editrice Lombarda (con Tom Antongini) che si proponeva di accaparrarsi tutto D’Annunzio (ma fu breve meteora):
«Noi abbiamo fatto un magnifico colpo, portato via completamente al Treves Gabriele d'Annunzio che ormai è del tutto nostro per le opere passate e per quelle avvenire. Treves pubblicherà ancora del D’Annunzio la Fiaccola sotto il moggio e la Nave; poi non pubblicherà più nulla. Nel mese venturo intanto usciranno, sotto la ragione sociale della nuova ditta nostra, due volumi: Terra Vergine, nuovissima edizione riveduta e aumentata con profusione inedita e Elegie Romane, primo volume delle Opere Complete del grande autore; libri oltremodo attesi e che daranno larghi utili alla Casa. L'acquisto di D’Annunzio, ci è costato, ma è un affare veramente d’oro e ci ha piazzati in prima linea tra le Case Editrici... ».
S'affaccia in quegli anni la pallida musa gozzaniana, e già la salute del poeta della Signorina Felicita è scossa e melanconici i suoi pensieri.
Sono anche gli anni pieni della musica di Puccini. Ed ecco il Maestro che si sfoga in versi con Guelfo Civinini, librettista della Fanciulla del West:
Fin ad oggi non vidi le bozze
tu mi dici d’averle spedite;
non può darsi si siano smarrite?
oppur sono ancor presso di te?
Parto presto per Torre, poi Chiatri.
Martedì forse corro la strada
che di qui va per Parma alla rada:
chi si cura di Salsomaggior?
Dopo Chiatri alla fine di luglio
monto in groppa all’Abeto grandioso
se tu vieni sarà men penoso
il soggiorno vicino al Cimon.
Se le ruote private dell’aria
scorron salve con piede leggero
diverrò se tu vuoi messaggero
come te che sei troppo corrier!
E qualche giorno dopo:
Ti scrissi —
non mi rispondi —
cosa succede?
Il Terzo è pronto?
E tu mi lasci solo
col libro monco in man;
davver non mi consolo
pensando al Terzo ancor!
In una lettera del maggio 1909 il ricciuto Papini topo di biblioteca si rivolge al filosofo Alessandro Chiappelli perchè collabori alla collana « Cultura dell’anima » che il Papini dirige:
« Se Lei, dimenticando qualche battibecco passato e tenendo conto del mio sincero desiderio di lavorare onestamente, con meno furie e più serietà, per il bene della cultura italiana, volesse aiutarmi a far qualcosa per la mia raccoltina sarei contentissimo. Avevo pensato anch’io, ad esempio, a pubblicare qualcosa de’ dialoghi meno celebri eppur tanto belli di Platone e ad un volumetto di presocratici. Ma a chi rivolgersi? Lei, che ha studiato per tanto tempo la filosofia antica, potrebbe fare l’uno o l’altro e farebbe gran piacere a me ed ai liberi studiosi... ».
Siamo alla guerra. « L'Italia vince e vincerà! » esclama Ferdinando Paolieri in una lettera al Chiappelli; ma « vincerà l’aspra guerra spirituale per cui pochi animi eletti, dai maggiori ai minori, hanno impresso, da un pezzo a questa parte, un sì aspro combattimento contro disordinate, ma numerose coorti di insensati e di delinquenti? Riusciremo a soffocare l’onda pornografica che ci smidolla, a respingere l’esotismo, sotto qualunque forma si manifesti, a obbligare ad essere italiani gli scrittori, i giornalisti, gli editori, gl’impresari? ». L’avvenire ha risposto a queste appassionate domande; ma Paolieri non può più sentire.
La guerra è anche presente coi suoi combattenti. Da una lettera di Civinini ad Antonio Baldini dopo il volo su Cattaro:
« Caro Antonio, sono stato a bombardare Cattaro. Prima di partire ti avevo scritto questa lettera, che ora non ha più ragione di essere, ma ti mando lo stesso. Che notte è stata! Pensa, era la prima volta che volavo! E sono stato cinque ore e mezzo in aria a supplire su un apparecchio il mitragliere che s’era ammalato. Ora non vorrei che per tutta ricompensa mi piantassero delle grane per l'articolo che ho mandato alla Censura, o me ne piantassero i colleghi. Via, mi pare d’essermelo un po’ meritato l'onore di far sapere che « c’ero anch'io ». Un’altra volta se lo meriterà chi vorrà... ».
È appena finita la guerra; e nel « covo » milanese Benito Mussolini si prepara a salvare la vittoria offesa. A nome di un gruppo di giovani. Arturo Marpicati gli indirizza dalla Dalmazia questo appello:
« Parlo a nome d’un nucleo ardimentoso di miei giovani compagni. Se fossi presente (alla storica adunata del 23 marzo 1919) svolgerei il seguente ordine del giorno: poiché la lotta ci sarà occorre allenare il nostro grande partito della Patria della Vittoria e del progresso reale; con sentimenti e propositi non difensivi, ma offensivi. Solo con un tale sistema di preparazione noi non ci troveremo sbigottiti di fronte alle poche artiglierie rabbiose dei panegiristi bolscevichi italiani ».
Fu da questa « preparazione » che uscì la generazione della conquista dell’Impero e della guerra di Spagna.
Lorenzo Gigli
Un autografo gozzaniano di quando il poeta firmava ancora: Guido Gustavo.

File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 21.12.38

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Citazione: Lorenzo Gigli, “Lettere inedite,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 03 dicembre 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/2405.