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Titolo: Giro d’orizzonte

Autore: Ardengo Soffici

Data: 1939-04-12

Identificatore: 1939_131

Testo: Giro d'orizzonte
Un giornale inglese pubblicò un giorno una caricatura dove erano raffigurati i rapporti tra le nazioni antifasciste e il Fascismo, e, nello stesso tempo, simbolizzata l’aspirazione dell’Inghilterra nei confronti del Fascismo stesso, cioè dell’Italia. Anzi dell’Italia e della Germania, ovverosia dell’Asse.
La scena figurata rappresentava una vasca nell’acqua della quale si trovava il pesce fascista; e nel primo quadro si vedeva la Francia tutta indaffarata nel tentativo di acciuffare il pesce, che sfuggiva invece alle sue mani micidiali e non si lasciava pigliare. Nel secondo quadro la Russia, furente, armata di un’acuminata forcella, si accaniva nello stesso tentativo; ma anch’essa col medesimo successo. Il pesce sfuggiva ai suoi colpi bestiali e continuava a nuotare come se nulla fosse. Il terzo quadro era meno movimentato. Vi si vedeva l’Inghilterra, seduta tranquillamente vicino alla vasca con un cucchiaio in mano, intenta a cavarne a poco a poco l’acqua per lasciare infine a secco il pesce che poi avrebbe cucinato a suo modo.
Non si può negare che la trovata fosse spiritosa, e il simbolo di Albione, pacifica asfissiatrice di esseri viventi, molto calzante. Quanto al successo anche di quest’ultima operazione c’è però una obbiezione da fare. C’è di mezzo un guaio. Il Fascismo non è un pesce. Non è un pesce privo di denti e di artigli. È anzi una bestia di tutt’altro genere. Talmente di tutt’un altro genere che invece di farsi asfissiare può spezzar d’un colpo la mano col cucchiaio, mandar in pezzi l’orlo della vasca, e magari divorare la troppo presuntuosa asfissiatrice.
Il caricaturista inglese, al solito, non aveva pensato a questo.
*
Gli stranieri conoscono male l’Italia e gl’italiani. In ciò risiede la prima ragione dei loro errori politici, delle attitudini sbagliate ch’essi prendono verso di noi. Molti esempi si potrebbero portare in appoggio di questa affermazione. Prendiamone uno.
Quando il signor Chamberlain venne a Roma, il popolo non solo di questa città, ma di tutte quelle ch’egli toccò col treno, e anche
dei minori paesi, gli fece un’accoglienza festosamente spontanea, calorosa, piena di vera e schietta simpatia. Tornato a Londra, lo stesso Ministro si sentì in dovere di render noto pubblicamente ed ufficialmente questo fatto, del quale umanamente si compiaceva.
E va bene. Ma son sicuro (e il linguaggio della stampa inglese di quei giorni corrobora la mia persuasione) che tanto il Premier quanto i suoi concittadini credettero che se il popolo italiano aveva salutato con un così vivo entusiasmo il rappresentante dell’Inghilterra, ciò era avvenuto principalmente perché esso sentiva rinascere il prestigio di questa Nazione, che in quel momento sembrava riprendere in mano le sorti d’Europa.
Ora, qui sta l’errore. La verità è invece che il popolo italiano, il quale ama ed apprezza anzitutto l’onestà, la schiettezza, la lealtà e la buona fede, aveva creduto di ritrovare in Chamberlain queste virtù, da tanto tempo smentite dai governanti inglesi, cui, in altri tempi, si riteneva fossero familiari; ed aveva applaudito e festeggiato Chamberlain.
Il prestigio dell’Inghilterra non entrava per nulla nello spontaneo sentimento degli italiani. Tant’è vero che oggi, quando da molti segni si può affermare che lo stesso Chamberlain sta girando nel manico e si rivela un inglese come tutti gli altri, l’idea del presunto prestigio britannico non fa nessuna impressione sugli italiani, né vieta loro di pensare quello che pensano di quell’uomo di Stato.
*
È un luogo comune che da un paio di secoli in qua l’Inghilterra non ha fatto altro che far battere gli altri per la propria salvezza e per i propri interessi. L’Inghilterra è furba anche per questo verso. Ma è anche un luogo comune che chi vuol far sempre e troppo il furbo finisce talvolta con l’incappar negli stessi guai nei quali incappano ordinariamente gli imbecilli.
Vi sono sintomi dai quali si potrebbe arguire che l’Inghilterra si sta avviando verso un evento di codesto genere. A forza di legarsi con questo e con quello, anzi con mezza Europa e con l’America stessa, per indurre tutti a combattere per lei, sembra possibile che la rete dei patti, delle intese e delle alleanze diventi alla fine tanto complicata ed avvolgente da costringerla un bel giorno, se vorrà salvare se stessa, a scendere in campo per gli altri.
Sarebbe un caso enorme, inaudito, incredibile, paradossale. Ma il paradossale appunto caratterizza il periodo storico che traversiamo.
Sarebbe anche un caso della più alta comicità.
*
Quando, dopo la guerra, vidi la risorta Polonia allearsi alla Francia già tramante patti aggressivi, intese subdole ed alleanze giugolatrici, dissi dentro di me: Ahi! Ahi! la nobile Polonia tradisce se stessa e rimette in giuoco la propria esistenza.
Gli atti di saggezza politica del prode Pilsudski mi rassicurarono alquanto. Il grande generale aveva capito che la sua patria, stretta tra il colosso moscovita e il titano tedesco (prostrato ma destinato a rimettersi in piedi) non poteva seguire altra migliore politica che quella del buon vicinato con entrambi, senza troppo legarsi né all’uno né all’altro; soprattutto senza legarsi e impegnarsi con l’uno contro l’altro, pena il disastro e l’annientamento finale.
Posizione difficile, compito più difficile ancora; ma per vent’anni tale politica è stata applicata con riconosciuto successo.
Senonché, ecco che tutt’a un tratto la Polonia sembra voler davvero cambiare strada. Si può capire come per alcune ragioni essa potesse esser tentata a far ciò. È d’altra parte naturale che l’interesse del momento, e non la logica e la perseveranza in un sistema, guidi i capi responsabili di una Nazione. Ma allora è necessario in ogni modo che almeno i principi fondamentali di una politica non siano traditi, e che soprattutto si segua, nell’agire, l’idea che ci suggerisce l’intuitiva visione dell’avvenire; cioè la fede che si può avere nel successo storico di una certa tendenza politica e sociale piuttosto che di un’altra contraria.
Ora, la Polonia, anticomunista, non pare che possa trovare il suo tornaconto nell’associarsi, direttamente o indirettamente, all’azione politica che la Russia persegue, e che si risolverebbe, un giorno o l’altro, a suo danno. Né importa che associandosi all’Inghilterra essa pensi di servire una causa diversa da quella della Russia dei Sovieti. È un’illusione. Le cosiddette « grandi democrazie » plutocratiche, giudaiche e massoniche non sono che le volenti o nolenti battistrada e vittime del bolscevismo, come tutto ormai dimostra palesemente. Resta quindi la previsione del futuro e la fede in ciò che sarà la realtà politica e sociale di domani. Voglio ammettere che la Polonia cattolica, patriottica, anticomunista fino a questo giorno, non provi ripugnanza a rinnegare la propria tradizione nazionale e se stessa, per associarsi agli avversari d’ieri sperando di arrivar con loro al successo. Ma la Polonia crede davvero che l’avvenire e il successo siano per essere da quella parte? Non ha la Polonia la sensazione, l’intuito, la certezza che ne ha tutto il mondo pensante, che la storia procede in tutt’altra direzione; che il disordine, l’ingiustizia, la rapacità, la malafede, il cinismo delle democrazie e dei bolscevichi son destinati a cedere ai loro contrari; che, insomma, tra Roma e Mosca Roma trionferà, ed anzi già comincia a trionfare su tutta la linea?
Queste sono le considerazioni che noi italiani ci aspettiamo di veder fare all’amica Polonia. Le vorrà, le saprà fare? Finirà col capire che, se da una parte deve appoggiarsi per la propria salvezza, meglio è appoggiarsi a chi ha la vittoria e l’avvenire per sé che ai morituri privi d’ideali e ormai di funzione storica?
O tutto è già consumato, e quindi tutto perduto per la nobile quanto — in questo caso — ancora una volta infelice Polonia?
Ardengo Soffici

File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 12.04.39

Citazione: Ardengo Soffici, “Giro d’orizzonte,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 12 maggio 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/2548.