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Titolo: Guido da Verona

Autore: Non firmato (Lorenzo Gigli)

Data: 1931-06-10

Identificatore: 54

Testo: GALLERIA

Guido da Verona

Diciamolo piano: il bel Guido sta per compiere i cinquan'tanni. Vi par vero? Abituali come siamo ad. attribuire ad ogni suo libro prima di tutto il valore d’una sassata tirata nei pantani deile consuetudini e delle buone regole, perchè il borghese timorato dia uno scossone e il critico tradizionalista metta su la faccia feroce delle grandi occasioni, non vorremmo credere che per codesto eterno ragazzo irriverente od esuberante debba mai suonare l'ora del giudizio. Quelli che sono i suoi difetti caratteristici, insufficienza di cultura, carenza di freni inibitori, tendenza al barocco e al cattivo gusto, egli non li ha mai perduti per la strada, se li trascina dietro da un quarto di secolo e li porterà nella tomba. I suoi peccati contro il « vivere elegante » autentico, inteso come regola di condotta e norma spirituale, in opposizione all'eleganza puramente esteriore e accessoria, fastosa e criarde, ch'è alla portata di qualsiasi garzone parrucchiere, non si contano. Ma non si contano neppure i suoi momenti felici, le sue pose, veramente ispirate, la sua sincerità d'anelito verso la liberazione nei cieli della poesia. Anche nel suo romanzo ultimo, La canzone di sempre e di mai (ed. Corbaccio). cospicuo avvenimento di libreria del 1931, si alternano al comando i due Guidi con forze presso che uguali, perpetuando lo strano dualismo di questa genuina tempra di scrittore, protagonista d'uno dei casi più drammatici d'« ali tarpate » della nostra letteratura. Preparata col proposito di far dimenticare l'errore estetico e morale dell'infelice parodia manzoniana di due anni fa, la Canzone si riallaccia anche per la tecnica al Libro del Sogno errante e a Mimì Bluette, cioè a due tappe decisive della carriera daveroniana. Può essere posta sotto il segno del più esasperato romanticismo, secondo la formola distillata da Barrès nel titolo d’un suo volume famoso: Du sang, de la volupté et de la mort. Sangue, voluttà e morte, sadismo e perversità, anche un lieve sapore di incesto, (un vecchio gentiluomo di Francia viene a scoprire che il figliolo giovinetto frequenta l'alcova della sua bellissima amante), sono le droghe che il bel Guido manipola in questo romanzo con l’abilità che gli conosciamo in tal genere d’operazioni chimiche. Ma il romanzo è nato, da un momento lirico, di cui il titolo esprime l'essenza. C’è il leit-motiv del tempo inesorabile, del lento e pur precipitoso stillare dell'ora, che lo percorre e lo lega, direi che lo riscatta dal suo brutale verismo da racconto d'appendice, sfociante in un fattaccio di cronaca nera. Che la protagonista, creatura di passione e di sensualità, una donna, cioè elemento di poetica chiarificazione e di delicata ispirazione, vada a morire nella camera d'una locanda equivoca, accanto a un maquereau decadente, è cosa che nessun lettore di gusto anche mediocre perdonerà mai al Da Verona. Si aggiunga che lo stile del libro è spesso insopportabile, poiché, collocandone l'azione nella società parigina dell’immediato periodo prebellico, l'autore ha creata la solita atmosfera generica col facile gioco delle parole esotiche e delle notazioni cronistiche: ne risulta che molte pagine sembrano scritte originariamente in un francese approssimativo e ritradotte in un cattivo italiano. Ma, ad onta di questo e d'altro, del pariginismo di maniera e del cinismo ostentato, dell’intrigo scandalistico e della psicologia superficiale, la Canzone è un altro di quei libri che si fanno leggere fino, in fondo, irritanti, ma avvincenti, repulsivi insieme e cordiali. Non vi troviamo il Guido migliore, ma il Guido caratteristico: il fratello d’Andrea Sperelli che, fatto scaltro dalle, personali avventure attraverso i continenti, non canta più sulla lira monocorde le laudi dell’amore segreto e le elegie di Roma, ma canta gli alberghi del libero scambio internazionale e la poesia del nomadismo, magari attingendone di seconda mano i motivi, e mettendo a frutto l'Antologia asiatica del Thalasso. C’è anche nella Canzone profumo di venti; e fragore d'oceani, ma c’è soprattutto la umana prepotenza dell'amore che riesce a salvarlo dal pericolo di essere irrimediabilmente un libro banale. Perchè è noto che anche nei momenti perduti qualche sprazzo di luce taglia le manierate atmosfere daveroniane; di quando in quando, intravvedi persino « un gran turbinare di stelle ». Le rare volte che Guido può abbandonarsi al suo istinto, senti ch’era nato poeta, e ti par di vederlo, eroe romantico, alzare verso il cielo le braccia e scuotere disperatamente le pesanti catene che lo tengono avvinto alle basse cose della terra.

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File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 10.06.31

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Citazione: Non firmato (Lorenzo Gigli), “Guido da Verona,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 21 novembre 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/54.